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Biografia
Giacinto Gimignani (Pistoia, Italia, 1606 – Roma, Italia, 1681)
Nato a Pistoia nel 1606 e figlio del pittore Alessio Gimignani, si forma, presumibilmente, presso lo studio del padre. La sua presenza a Roma è documentata per la prima volta nel 1630, per la copia di un dipinto nelle Stanze Vaticane.
A Roma lavora molto per Giulio Rospigliosi, letterato e collezionista, futuro Papa Clemente IX.
Nelle sue opere è subito chiara una vocazione classicista che guarda all'antico, che a Roma ha la possibilità di studiare dal vero, ma anche a Raffaello, Domenichino e Reni.
Nel 1639 partecipa alla commissione di sedici quadri con soggetti tratti dalla Gerusalemme liberata per l’ ambasciatore straordinario a Roma della Corona di Francia. Il legame con la Francia e gli artisti francesi connota fortemente il suo periodo romano. Sposa, nel 1640, Cecilia, figlia del pittore veronese Alessandro Turchi, con cui ebbe otto figli.
Il classicismo di Turchi lo influenza molto, come si può vedere nella sequenza di opere a cui appartengono la Sacra Famiglia in S. Maria dell'Anima, del 1640, e l'Allegoria della Speranza in collezione Pallavicini.
Gimignani è particolarmente apprezzato per il suo stile, e i per le sue commissioni contenute, rispetto ai suoi contemporanei più celebri. Contemporaneamente prende anche molte commissioni dalla provincia, sia toscana sia emiliana.
Nel 1652, viste anche le occasioni professionali in diminuzione, si trasferisce a Firenze, dove lavora per l'arazzeria medicea, con il cartone per la scena dell'Ingresso di Giovanna d'Austria a Firenze, oggi agli Uffizi.
A Pistoia, invece realizza una serie di dipinti per i Rospigliosi di Pistoia, venticinque quadri con storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Lo stile della serie riprende il gusto romano, aggiornandolo con il gusto morbido della pittura fiorentina del momento.
La situazione a Roma si sblocca all’elezione nel 1655 del nuovo Papa, della famiglia Chigi, e con il rientro in Italia di Giulio Rospigliosi.
Nel 1661 l’artista si ristabilisce a Roma, dove riprende l’attività, con un linguaggio più berliniano, dove il classicismo puro viene superato dall’illusionismo in voga in quegli anni, senza mai spingersi al barocco.
Questo suo stile lo avvicina sempre più ad immagini puramente professionali, quasi di secondo piano, anche se per le grandi famiglie romane.
Alla fine della sua vita, nelle ultime opere, l’artista torna ad un classicismo nitido e composto. La sua produzione di disegni è vastissima, e suddivisa fra diverse collezioni del mondo.
L’artista muore a Roma nel 1681. Molti dipinti incompiuti vennero terminati dal figlio Ludovico.
Foto UniCredit Group (Sebastiano Pellion di Persano)
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Opere